Congedi parentali, come funzionano?

Il congedo parentale è uno strumento previsto per consentire ai genitori, sia madre che padre, di prendersi cura del bambino fino a 12 anni di età. La legge prevede che il congedo parentale possa essere fruito sia dalla madre che dal padre in modo alternato, in particolare: alla madre lavoratrice dipendente per un periodo di massimo 6 mesi e al padre lavoratore per 6 mesi, che possono diventare 7 qualora benefici di tale congedo per almeno 3 mesi. Lo stesso congedo spetta anche al genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo 11 mesi. Il periodo indennizzato (a carico di Inps) è pari a 3 mesi riservati a ciascun genitore, mentre ulteriori 3 mesi sono liberamente ripartibili. L’indennità erogata da Inps è di norma pari al 30% della retribuzione, esclusi i ratei delle mensilità aggiuntive, ma per i primi 2 mesi del congedo sono state introdotte alcune maggiorazioni che lo portano fino all’80% della retribuzione (nel pubblico impiego, per il primo mese, è spesso previsto l’incremento fino al 100% della stessa). Il D.lgs 105/22 ne ha ulteriormente incrementato la convenienza consentendo di maturare pienamente, durante la fruizione di tale tipo di congedo, ferie, permessi e 13ma mensilità. L’incremento della quota indennizzata del congedo, così come la maturazione di ferie e ratei, appare rispondere alla finalità di irrobustire l’indennizzo economico a favore delle famiglie, riducendo la sofferenza reddituale che veniva collegata a periodi dove la retribuzione si abbatteva del 70%. Ulteriore congedo è quello per malattia del figlio a norma del quale, in caso di malattia del bambino, i genitori hanno diritto a prendere un periodo di congedo, che può variare in base all’età del figlio e alla gravità della malattia. La durata massima del congedo varia: è pari a tutto il periodo corrispondente alla malattia del bambino, se il figlio ha un’età entro i 3 anni, mentre ha un limite di 5 giorni lavorativi all’anno, se il bambino ha un’età fra 3 e 8 anni. In ogni caso non è prevista alcuna corresponsione della retribuzione, salvo specifica previsione del contratto collettivo. Altro strumento di sostegno è il bonus asilo nido che offre un contributo economico variabile in base al livello ISEE per le famiglie che decidono di iscrivere il bambino a un asilo nido, privato o pubblico, o che scelgono di assumere un’assistenza domiciliare per bambini con meno di 3 anni e gravi patologie croniche.

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